Alessandro Manzoni, “Inni Sacri in nome di Maria”

Lo spunto di riflessione all’inizio del mese di maggio ci è dato da Alessandro Manzoni. Il riferimento a Maria è una costante della sua meditazione, inseparabile dalla sua riscoperta della fede in Cristo.

Il nome di Maria – Inni Sacri

Tacita un giorno a non so qual pendice
Salia d’un fabbro nazaren la sposa;
Salia non vista alla magion felice
D’una pregnante annosa;
E detto: “Salve” a lei, che in reverenti
Accoglienze onorò l’inaspettata,
Dio lodando, sclamò: Tutte le genti
Mi chiameran beata.
Deh! con che scherno udito avria i lontani
Presagi allor l’età superba! Oh tardo
Nostro consiglio! oh degl’intenti umani
Antiveder bugiardo!
Noi testimoni che alla tua parola
Ubbidiente l’avvenir rispose,
Noi serbati all’amor, nati alla scola
Delle celesti cose,

Noi sappiamo, o Maria, ch’Ei solo attenne
L’alta promessa che da Te s’udia,
Ei che in cor la ti pose: a noi solenne
È il nome tuo, Maria.
A noi Madre di Dio quel nome sona:
Salve beata! che s’agguagli ad esso
Qual fu mai nome di mortal persona,
O che gli vegna appresso?
Salve beata! in quale età scortese
Quel sì caro a ridir nome si tacque?
In qual dal padre il figlio non l’apprese?
Quai monti mai, quali acque
Non l’udiro invocar? La terra antica
Non porta sola i templi tuoi, ma quella
Che il Genovese divinò, nutrica
I tuoi cultori anch’ella.
In che lande selvagge, oltre quei mari
Di sì barbaro nome fior si coglie,
Che non conosca de’ tuoi miti altari
Le benedette soglie?
O Vergine, o Signora, o Tuttasanta,
Che bei nomi ti serba ogni loquela!
Più d’un popol superbo esser si vanta
In tua gentil tutela.
Te, quando sorge, e quando cade il die,
E quando il sole a mezzo corso il parte,
Saluta il bronzo, che le turbe pie
Invita ad onorarte.
Nelle paure della veglia bruna,
Te noma il fanciulletto; a Te, tremante,
Quando ingrossa ruggendo la fortuna,
Ricorre il navigante.
La femminetta nel tuo sen regale
La sua spregiata lacrima depone,
E a Te beata, della sua immortale
Alma gli affanni espone;
A Te che i preghi ascolti e le querele,
Non come suole il mondo, né degl’imi
E de’ grandi il dolor col suo crudele
Discernimento estimi.
Tu pur, beata, un dì provasti il pianto,
Né il dì verrà che d’oblianza il copra:
Anco ogni giorno se ne parla; e tanto
Secol vi corse sopra.
Anco ogni giorno se ne parla e plora
In mille parti; d’ogni tuo contento
Teco la terra si rallegra ancora,
Come di fresco evento.

Tanto d’ogni laudato esser la prima
Di Dio la Madre ancor quaggiù dovea;
Tanto piacque al Signor di porre in cima
Questa fanciulla ebrea.
O prole d’Israello, o nell’estremo
Caduta, o da sì lunga ira contrita,
Non è Costei, che in onor tanto avemo,
Di vostra fede uscita?
Non è Davidde il ceppo suo? Con Lei
Era il pensier de’ vostri antiqui vati,
Quando annunziaro i verginal trofei
Sopra l’inferno alzati.
Deh! a Lei volgete finalmente i preghi,
Ch’Ella vi salvi, Ella che salva i suoi;
E non sia gente né tribù che neghi
Lieta cantar con noi:
Salve, o degnata del secondo nome,
O Rosa, o Stella ai periglianti scampo,
Inclita come il sol, terribil come
Oste schierata in campo.

Il nome di Maria, secondo inno sacro scritto fra il novembre del 1812 e l’aprile del 1813, si incentra sul culto della Madonna. Il componimento inizia ricordando il presagio della divina maternità fatto da Elisabetta a Maria che era andata a visitarla, e narrato in un passo del vangelo di Luca (“Tu sei benedetta fra le donne e benedetto è il frutto del tuo seno”). Di qui si avvia la serie delle lodi del nome della Madonna, che celebrano i valori legati al culto mariano. Quel nome, che per i Cristiani significa “madre di Dio”, è salutato con devozione su tutta la terra, sia nel vecchio che nel nuovo mondo (vv. 25-36). Per quel nome suonano tre volte al giorno le campane (vv. 41-44); e quel nome invoca chi ha paura e chiede aiuto, come un bambino nell’oscurità della notte, un navigante in mezzo alla tempesta o un’umile e povera donna piangente (vv. 45-56). Della Vergine viene evocata l’immagine materna, di madre che ha sofferto e che intercede misericordiosa a consolare i dolori umani, sia di ricchi che di poveri (vv. 53-60), ma viene anche lumeggiata (con la citazione finale dal CanticodeiCantici) l’immagine biblica di terribile potenza. In chiusura del componimento il poeta invita il popolo ebreo ad unirsi a quello cristiano nella celebrazione del nome di Maria, la quale apparteneva alla stirpe d’Israele (vv. 69-80). L’inno, costruito sulla salda, e pienamente cattolica, idea ispiratrice del culto mariano, appare più omogeneo e compatto rispetto a inni come Il Natale o La Passione, nonostante certe forzature retoriche e qualche tono declamatorio (imperfezioni, queste, che testimoniano la difficoltà incontrate dal poeta degli InniSacri nel creare un nuovo linguaggio lirico, capace di trasporre in poesia la materia sacra). E’ anche l’inno dove il richiamo alla fonte delle sacre scritture è meno evidente e domina invece una fattura classicheggiante del testo, improntata a una solenne compostezza. Anche la forma metrica si ispira alla “strofa saffica” latina, variata sul modello neoclassico adottato dal Monti di tre endecasillabi chiusi da un settenario.

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