Emergenza e fede: cosa non c’è più (e cosa deve rimanere)

Cari amici della parrocchia (anche se questo articolo raggiungerà solo coloro che hanno un accesso ad internet ed una certa dimestichezza dei mezzi informatici),

vederci di persona non è possibile, ma sarebbe bello che l’appartenenza alla comunità della “Beata Vergine di Caravaggio” non si spegnesse, anche se la comunicazione, in questo caso, potrà essere solo “unidirezionale”.

Per parecchio tempo, a quanto pare, ci sarà impedito di ritrovarci come di consueto (per la Messa, gli incontri di catechesi e le occasioni più informali), ma questa situazione di forzata lontananza può stimolare in noi qualche riflessione che si può rivelare utile. Ecco alcuni pensieri che sono venuti in mente a me. Possono magari stimolarne altri (anche migliori) o almeno, auspicabilmente, aiutare a sentire che non si è soli a porsi certe domande:

  1. Molte persone hanno bisogno delle nostre preghiere: i malati; i parenti di coloro che non ce l’hanno fatta; i medici e gli infermieri all’opera in prima linea; coloro che, forzatamente in pausa dal lavoro, incontreranno presto difficoltà economiche…. Già il rivolgere i nostri pensieri a costoro, affidandoli a Dio, è un primo modo per non sprecare il nostro tempo.
  2. Spesse volte, magari, nella frenesia della vita quotidiana, ci siamo trovati “col fiato corto”, senza il tempo necessario da dedicare alla fede. Ora possiamo, anche grazie agli spunti offerti da internet (primo fra tutti il nostro sito diocesano www.diocesidicremona.it), meditare sul vangelo del giorno, interrogarci sul posto che il Signore ha occupato finora nella nostra vita, verificare se potremo, d’ora in avanti, dedicargli una fetta più grande. L’offerta sulla rete è immensa, basta cercare su google, la buona volontà da metterci è tutta nostra.
  3. Comprendere il significato profondo di tutta questa situazione forse è prematuro, ma, se al momento non possiamo padroneggiare completamente il “perché”, con l’aiuto di Dio possiamo fronteggiare dignitosamente il “come”. Se la nostra vita esteriore è bloccata e messa in pausa, forse è un segnale che è il momento di far crescere quella interiore.
  4. Anche la famiglia, pur tra gli inevitabili, piccoli attriti provocati da una vicinanza magari provvidenziale, ma forse anche un po’ eccessiva, può comunque trarre giovamento da questa reclusione forzata. Anche qui, è come se la dimensione del focolare domestico, a lungo minacciata, logorata, ferita da ritmi di vita sfasati e spesso inumani, volesse prendersi una rivincita. Per ritrovarsi, rafforzarsi, ripensarsi, rimotivarsi. Questa rivincita è sana è lecita. Facilitiamola.
  5. Il tempo della vita in casa può anche essere quello delle buone letture. Degli approfondimenti. Del mettere ordine nelle proprie idee. Del progettare il futuro, la ricostruzione (perché, non nascondiamocelo, a livello sociale ci sarà un bel po’ da rimettere insieme, quando sarà passata la buriana), un nuovo modo di affrontare la vita e le priorità.
  6. Proprio sulle priorità vorrei appunto concludere le mie brevi, disordinate riflessioni. Magari tutti, chi più e chi meno, fino ad ora ci eravamo abituati a stabilire la gerarchia di ciò che è importante sulla base dei programmi impostati da noi: agende piene, impegni fitti, complicati giochi ad incastro per mettere d’accordo orari, eventi ed incontri. Cosa è rimasto di tutto questo? Un modulo di autocertificazione da compilare obbligatoriamente anche quando si esce (il meno possibile) per andare in farmacia o a far la spesa. Forse avevamo imparato a fidarci dei nostri progetti a tal punto da disabituarci a chiamare in causa Dio. Forse, addirittura (anche come Chiesa, intendiamoci) abbiamo provato ad ingabbiare anche Lui nelle nostre tabelle di programmazione. Ora, l’emergenza virus ci insegna che i nostri progetti contano poco, infatti sono stati spazzati via. Siamo stati riportati all’essenziale: il contatto con Dio; la famiglia; la vicinanza almeno umana e spirituale con chi sta male o rischia la salute; il riflettere sulle cose importanti.

Queste sono le riflessioni che, in questi giorni, sto maturando io. Condividerle aiuta certamente chi scrive a non sentirsi isolato. Solo, mai, perché Dio non è scomparso. Neanche la nostra comunità parrocchiale è scomparsa, anche se è molto meno visibile. Ognuno, nella sua famiglia, può pregare anche per la parrocchia, perché, quando ci ritroveremo, sia ancora più forte, più unita, più viva. Ma, soprattutto, convinta: che è Dio che salva, e che per ritrovare il contatto con Lui non dovremo aspettare un’altra emergenza virus.

Un saluto cordiale a tutti, unito alla vicinanza nella preghiera, da parte mia e di don Giulio.

don Davide

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