Vangelo e commento della XXIII domenica del tempo ordinario

Ecco, come di consueto, le letture della domenica accompagnate da un commento a cura di padre Ermes Ronchi (https://www.qumran2.net/parolenuove/commenti.php?mostra_id=43912)

Prima Lettura   Is 35, 4-7
Si schiuderanno gli orecchi dei sordi, griderà di gioia la lingua del muto.

Dal libro del profeta Isaia
Dite agli smarriti di cuore: 
«Coraggio, non temete! Ecco il vostro Dio, 
giunge la vendetta, la ricompensa divina. 
Egli viene a salvarvi».
Allora si apriranno gli occhi dei ciechi 
e si schiuderanno gli orecchi dei sordi. 
Allora lo zoppo salterà come un cervo, 
griderà di gioia la lingua del muto, 
perché scaturiranno acque nel deserto, 
scorreranno torrenti nella steppa. 
La terra bruciata diventerà una palude, 
il suolo riarso sorgenti d’acqua. 

Salmo Responsoriale
    Dal Salmo 145
Loda il Signore, anima mia.

Il Signore rimane fedele per sempre
rende giustizia agli oppressi,
dà il pane agli affamati.
Il Signore libera i prigionieri.

Il Signore ridona la vista ai ciechi,
il Signore rialza chi è caduto,
il Signore ama i giusti,
il Signore protegge i forestieri. 

Egli sostiene l’orfano e la vedova,
ma sconvolge le vie dei malvagi.
Il Signore regna per sempre,
il tuo Dio, o Sion, di generazione in generazione.  

Seconda Lettura   Gc 2, 1-5
Dio non ha forse scelto i poveri per farli eredi del Regno?

Dalla lettera di san Giacomo apostolo
Fratelli miei, la vostra fede nel Signore nostro Gesù Cristo, Signore della gloria, sia immune da favoritismi personali.
Supponiamo che, in una delle vostre riunioni, entri qualcuno con un anello d’oro al dito, vestito lussuosamente, ed entri anche un povero con un vestito logoro. Se guardate colui che è vestito lussuosamente e gli dite: «Tu siediti qui, comodamente», e al povero dite: «Tu mettiti là, in piedi», oppure: «Siediti qui ai piedi del mio sgabello», non fate forse discriminazioni e non siete giudici dai giudizi perversi?
Ascoltate, fratelli miei carissimi: Dio non ha forse scelto i poveri agli occhi del mondo, che sono ricchi nella fede ed eredi del Regno, promesso a quelli che lo amano?  

Canto al Vangelo   Cfr. Mt 4,23 
Alleluia, alleluia.
Gesù annunciava il vangelo del Regno 
e guariva ogni sorta di infermità nel popolo.
Alleluia.

  
 Vangelo   Mc 7, 31-37
Fa udire i sordi e fa parlare i muti.

Dal vangelo secondo Marco

In quel tempo, Gesù, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidòne, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli.

Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!». E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente.

E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!».

In questo racconto Gesù appare innanzitutto come il “passatore” di frontiere: cammina con i suoi attraversando la Galilea, passando alle città fenice di Tiro e Sidone, fino alla Decapoli pagana. Il cammino di Gesù, l’uomo senza confini, è come una sutura che cuce insieme i lembi di una ferita, alla ricerca di quella dimensione dell’umano che ci accomuna tutti e che viene prima di ogni divisione culturale, religiosa, razziale.

Gli portarono un sordomuto. Un uomo imprigionato nel silenzio, una vita dimezzata, ma che viene “portato”, da una piccola comunità di persone che gli vogliono bene, fino a quel maestro straniero, ma per il quale ogni terra straniera è patria.

E lo pregarono di imporgli la mano. Ma Gesù fa molto di più. Appartiene proprio alla pedagogia dell’attenzione la successione delle parole e dei gesti. Lo prende, per mano probabilmente, e lo porta via con sé, in disparte, lontano dalla folla, e così gli esprime un’attenzione speciale; non è più uno dei tanti emarginati anonimi, ora è il preferito, e il maestro è tutto per lui, e iniziano a comunicare così, con l’attenzione, occhi negli occhi, senza parole. E seguono dei gesti molto corporei e insieme molto delicati.

Gesù pose le dita negli orecchi del sordo: il tocco delle dita, le mani che parlano senza parole. Gesù entra in un rapporto corporeo, non etereo o distaccato, ma come un medico capace e umano, si rivolge alle parti deboli, tocca quelle sofferenti.

Poi con la saliva toccò la sua lingua. Gesto intimo, coinvolgente: ti do qualcosa di mio, qualcosa di vitale, che sta nella bocca dell’uomo insieme al respiro e alla parola, simboli dello Spirito. Vangelo di contatti, di odori, di sapori. Il contatto fisico non dispiaceva a Gesù, anzi. E i corpi diventano luogo santo di incontro con il Signore e «i sensi sono divine tastiere» (D.M. Turoldo). La salvezza passa attraverso i corpi, non è ad essi estranea, né li rifugge come luogo del male, anzi sono «scorciatoie divine» (J.P. Sonnet),

Guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: Effatà, cioè: Apriti! In aramaico, nel dialetto di casa, nella lingua del cuore; emettendo un sospiro che non è un grido che esprime potenza, non è un singhiozzo di dolore, ma è il respiro della speranza calmo e umile, è il sospiro del prigioniero (Salmo 102,21), è la nostalgia per la libertà (Salmo 55,18). Prigioniero insieme con quell’uomo impedito, Gesù sospira: Apriti, come si apre una porta all’ospite, una finestra al sole, come si apre il cielo dopo la tempesta.

Apriti agli altri e a Dio, e che le tue ferite di prima diventino feritoie, attraverso le quali entra ed esce la vita. Prima gli orecchi. Ed è un simbolo eloquente. Sa parlare solo chi sa ascoltare. Gli altri innalzano barriere quando parlano, e non incontrano nessuno.

Gesù non guarisce i malati perché diventino credenti o si mettano al suo seguito, ma per creare uomini liberi, guariti, pieni. «Gloria di Dio è l’uomo vivente» (Sant’Ireneo) l’uomo tornato a pienezza di vita.

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