Solennità del Corpus Domini, Vangelo e commento

Pubblichiamo le letture ed un commento a cura di Padre Raniero Cantalamessa (http://www.qumran2.net/parolenuove/commenti.php?mostra_id=12788) sulla liturgia del Corpus Domini.

Prima Lettura  Dt 8, 2-3. 14b-16a
Ti ha nutrito di un cibo, che tu non conoscevi e che i tuoi padri non avevano mai conosciuto.
 
Dal libro del Deuteronòmio
Mosè parlò al popolo dicendo:
«Ricòrdati di tutto il cammino che il Signore, tuo Dio, ti ha fatto percorrere in questi quarant’anni nel deserto, per umiliarti e metterti alla prova, per sapere quello che avevi nel cuore, se tu avresti osservato o no i suoi comandi.
Egli dunque ti ha umiliato, ti ha fatto provare la fame, poi ti ha nutrito di manna, che tu non conoscevi e che i tuoi padri non avevano mai conosciuto, per farti capire che l’uomo non vive soltanto di pane, ma che l’uomo vive di quanto esce dalla bocca del Signore.
Non dimenticare il Signore, tuo Dio, che ti ha fatto uscire dalla terra d’Egitto, dalla condizione servile; che ti ha condotto per questo deserto grande e spaventoso, luogo di serpenti velenosi e di scorpioni, terra assetata, senz’acqua; che ha fatto sgorgare per te l’acqua dalla roccia durissima; che nel deserto ti ha nutrito di manna sconosciuta ai tuoi padri».

Salmo Responsoriale  Dal Salmo 147
Loda il Signore, Gerusalemme.
 

Celebra il Signore, Gerusalemme,
loda il tuo Dio, Sion,
perché ha rinforzato le sbarre delle tue porte,
in mezzo a te ha benedetto i tuoi figli.

Egli mette pace nei tuoi confini
e ti sazia con fiore di frumento.
Manda sulla terra il suo messaggio:
la sua parola corre veloce.

Annuncia a Giacobbe la sua parola,
i suoi decreti e i suoi giudizi a Israele.
Così non ha fatto con nessun’altra nazione,
non ha fatto conoscere loro i suoi giudizi. 

Seconda Lettura  1 Cor 10, 16-17
Poiché vi è un solo pane, noi siamo, benché molti, un solo corpo. 

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi
Fratelli, il calice della benedizione che noi benediciamo, non è forse comunione con il sangue di Cristo? E il pane che noi spezziamo, non è forse comunione con il corpo di Cristo?
Poiché vi è un solo pane, noi siamo, benché molti, un solo corpo: tutti infatti partecipiamo all’unico pane.
 

SEQUENZA
 

[ Sion, loda il Salvatore, 
la tua guida, il tuo pastore 
con inni e cantici. 
 

    Lauda Sion Salvatorem,

    lauda ducem et pastorem,

    in hymnis et canticis.

 
Impegna tutto il tuo fervore: 
egli supera ogni lode, 
non vi è canto che sia degno. 

 

    Quantum potes, tantum aude:

    quia major omni laude,

    nec laudare sufficis,
Pane vivo, che dà vita: 
questo è tema del tuo canto, 
oggetto della lode. 
 

    laudis thema specialis,

    panis vivus et vitalis

    hodie proponitur.
Veramente fu donato 
agli apostoli riuniti 
in fraterna e sacra cena. 
 

   Quem in sacræ mensæ coenæ,

    turbæ fractrum duodenæ

    datum non ambigitur.
Lode piena e risonante, 
gioia nobile e serena 
sgorghi oggi dallo spirito. 

 

    Sit laus plena, sit sonora,

    sit jucunda, sit decora
    mentis jubilatio.

 
Questa è la festa solenne 
nella quale celebriamo 
la prima sacra cena.

 

    Dies enim solemnis agitur,

    in qua mensæ prima recolitur

    Hujus institutio.
E il banchetto del nuovo Re, 
nuova, Pasqua, nuova legge; 
e l’antico è giunto a termine. 

 

    In hac mensa novi Regis,

    novum Pascha novæ legis,

       phase vetus terminat.
Cede al nuovo il rito antico, 
la realtà disperde l’ombra: 
luce, non più tenebra. 

   

    Vetustatem novitas,

    umbram fugat veritas,

    noctem lux eliminat.
Cristo lascia in sua memoria 
ciò che ha fatto nella cena: 
noi lo rinnoviamo,
 

    Quod in coena Christus gessit,

    faciendum hoc expressit

    in sui memoriam.
Obbedienti al suo comando, 
consacriamo il pane e il vino, 
ostia di salvezza. 

 

    Docti sacris institutis,

    panem, vinum in salutis

    consecramus hostiam.

 
È certezza a noi cristiani: 
si trasforma il pane in carne, 
si fa sangue il vino. 

 

    Dogma datur christianis,

    Quod in carnem transit panis,

       Et vinum in sanguinem.
Tu non vedi, non comprendi, 
ma la fede ti conferma, 
oltre la natura. 

 

    Quod non capis, quod non vides,

    animosa firmat fides,

    Præter rerum ordinem.
È un segno ciò che appare: 
nasconde nel mistero 
realtà sublimi.

 

      Sub diversis speciebus,

   signis tantum, et non rebus,

      latent res eximiæ.
 

Mangi carne, bevi sangue; 
ma rimane Cristo intero 
in ciascuna specie. 
 

    Caro cibus, sanguis potus:

    manet tamen Christus totus

       sub utraque specie. 
Chi ne mangia non lo spezza, 
né separa, né divide: 
intatto lo riceve. 
 

    A sumente non concisus,

    non confractus, non divisus:

    integer accipitur.
Siano uno, siano mille, 
ugualmente lo ricevono: 
mai è consumato. 

 

    Sumit unus, sumunt mille:

    quantum isti, tantum ille:

    Nec sumptus consumitur.

 
Vanno i buoni, vanno gli empi; 
ma diversa ne è la sorte: 
vita o morte provoca. 
 

    Sumunt boni, sumunt mali:

    sorte tamen inæquali,
    vitæ vel interitus.

Vita ai buoni, morte agli empi: 
nella stessa comunione 
ben diverso è l’esito! 

 

    Mors est malis, vita bonis:

    Vide paris sumptionis

    quam sit dispar exitus.
Quando spezzi il sacramento 
non temere, ma ricorda: 
Cristo è tanto in ogni parte, 
quanto nell’intero. 

 

    Fracto demum sacramento,

    ne vacille, sed memento
    tantum esse sub fragmento,

 
È diviso solo il segno 
non si tocca la sostanza; 
nulla è diminuito 
della sua persona. ]

 

    Quantum tot tegitur.

    Nulla rei fit scissura:

    Signi tantum fit fractura,

    qua nec status, nec statura       
    signati minuitur.

Ecco il pane degli angeli, 
pane dei pellegrini, 
vero pane dei figli: 
non dev’essere gettato.

 

    Ecce Panis Angelorum,

    factus cibus viatorum:

    vere panis flliorum,

    non mittendus canibus.

 
Con i simboli è annunziato, 
in Isacco dato a morte, 
nell’agnello della Pasqua, 
nella manna data ai padri. 

 

    In figuris præsignatur,

    cuni Isaac immolatur,

    Agnus Paschæ deputatur,
    datur manna patribus.

 
Buon pastore, vero pane, 
o Gesù, pietà di noi: 
nutrici e difendici, 
portaci ai beni eterni 
nella terra dei viventi. 

 

    Bone pastor, panis vere,

    Jesu, nostri miserere:

    Tu nos pasce, nos tuere,

    tu nos bona fac videre
    in terra viventium.

 
Tu che tutto sai e puoi, 
che ci nutri sulla terra, 
conduci i tuoi fratelli 
alla tavola del cielo 
nella gioia dei tuoi santi.
 

    Tu qui cuncta seis et vales,

    qui nos pascis hic mortales:

    Tuos ibi commensales,

    coheredes et sodales

    fac sanctorum civium.

      Amen. (Alleluia).

  
Canto al Vangelo 
Gv 6,51
Alleluia, alleluia.

Io sono il pane vivo, disceso dal cielo, dice il Signore,
se uno mangia di questo pane vivrà in eterno.
Alleluia.

   

   
Vangelo 
Gv 6, 51-58
La mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda.
 
Dal vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, Gesù disse alla folla:
«Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».
Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?».
Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda.
Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno». 

I due corpi di Cristo

Nella seconda lettura san Paolo ci presenta l’Eucaristia come mistero di comunione: “Il calice che benediciamo non è forse comunione con il sangue di Cristo? E il pane che spezziamo non è forse comunione con il corpo di Cristo?” Comunione significa scambio, condivisione. Ora la regola fondamentale della condivisione è questa: quello che è mio è tuo e quello che è tuo è mio. Proviamo ad applicare questa regola alla comunione eucaristica e ci renderemo conto della “enormità” della cosa.

Che cosa ho io di propriamente “mio”? La miseria, il peccato: questo solo è esclusivamente mio. E che cosa ha di “suo” Gesù se non santità, perfezione di tutte le virtù? Allora la comunione consiste nel fatto che io do a Gesù il mio peccato e la mia povertà, e lui mi da la sua santità. Si realizza il “meraviglioso scambio”, come lo definisce la liturgia.

Conosciamo diversi tipi di comunione. Una comunione assai intima è quella tra noi e il cibo che mangiamo, perché questo diventa carne della nostra carne e sangue del nostro sangue. Ho sentito delle mamme dire alla loro creatura, mentre se la stringevano al petto e la baciavano: “Ti voglio così bene che ti mangerei!”.

È vero che il cibo non è una persona vivente e intelligente con la quale possiamo scambiarci pensieri e affetti, ma supponiamo, per un momento, che il cibo sia esso stesso vivente e intelligente, non si avrebbe, in tal caso, la perfetta comunione? Ma questo è precisamente ciò che avviene nella comunione eucaristica. Gesù, nel brano evangelico, dice: “Io sono il pane vivo disceso dal cielo…La mia carne è vero cibo…Chi mangia la mia carne avrà la vita eterna”. Qui il cibo non è una semplice cosa, ma è una persona vivente. Si ha la più intima, anche se la più misteriosa, delle comunioni.

Guardiamo cosa avviene in natura, nell’ambito della nutrizione. È il principio vitale più forte che assimila quello meno forte. È il vegetale che assimila il minerale; è l’animale che assimila il vegetale. Anche nei rapporti tra l’uomo e Cristo si attua questa legge. È Cristo che assimila noi a sé; noi ci trasformiamo in lui, non lui in noi. Un famoso materialista ateo ha detto: “L’uomo è ciò che mangia”. Senza saperlo ha dato un’ottima definizione dell’Eucaristia. Grazie ad essa, l’uomo diventa davvero ciò che mangia, cioè corpo di Cristo!

Ma leggiamo il seguito del testo iniziale di S. Paolo: “Poiché c’è un solo pane, noi, pur essendo molti, siamo un corpo solo: tutti infatti partecipiamo dell’unico pane”. È chiaro che in questo secondo caso la parola “corpo” non indica più il corpo di Cristo nato da Maria, ma indica “tutti noi”, indica quel corpo di Cristo più grande che è la Chiesa. Questo vuol dire che la comunione eucaristica è sempre anche comunione tra noi. Mangiando tutti dell’unico cibo, noi formiamo un solo corpo.

Quale la conseguenza? Che non possiamo fare vera comunione con Cristo, se siamo divisi tra noi, ci odiamo, non siamo pronti a riconciliarci. Se tu hai offeso un tuo fratello, diceva S. Agostino, se hai commesso un’ingiustizia contro di lui, e poi vai a ricevere la comunione come niente fosse, magari pieno di fervore nei confronti di Cristo, tu somigli a una persona che vede venire verso di sé un amico che non vede da molto tempo. Gli corre incontro, gli getta le braccia al collo e si alza in punta di piedi per baciarlo sulla fronte…Ma, nel fare questo, non si accorge che gli sta calpestando i piedi con scarpe chiodate. I fratelli infatti, specie i più poveri e derelitti, sono le membra di Cristo, sono i suoi piedi posati ancora sulla terra. Nel darci l’ostia il sacerdote dice: “Il corpo di Cristo”, e noi rispondiamo: “Amen!”. Adesso sappiamo a chi diciamo “Amen”, cioè sì, ti accolgo: non solo a Gesù, il Figlio di Dio, ma anche al prossimo.

Nella festa del Corpus Domini non posso nascondere una tristezza. Ci sono delle forme di malattia mentale che impediscono di riconoscere le persone che sono accanto. Continuano a gridare per ore: “Dov’è mio figlio? Dove mia moglie? Perché non si fa vivo?” e, magari, il figlio o la moglie sono lì che gli stringono la mano e gli ripetono: “Sono qui, non mi vedi? Sono con te!”. Succede così anche a Dio. Gli uomini nostri contemporanei cercano Dio nel cosmo o nell’atomo; discutono se ci fu o meno un creatore all’inizio del mondo. Continuiamo a domandare: “Dov’è Dio?” e non ci accorgiamo che è con noi e si è fatto cibo e bevanda per essere ancora più intimamente unito a noi.

Giovanni Battista dovrebbe ripetere mestamente: “In mezzo a voi c’è uno che voi non conoscete”. La festa del Corpus Domini è nata proprio per aiutare i cristiani a prendere coscienza di questa presenza di Cristo in mezzo a noi, per tenere desto quello che Giovanni Paolo II chiamava “lo stupore eucaristico”.

 

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