Letture e commento della XX domenica del tempo ordinario

Come ogni settimana, pubblichiamo la liturgia domenicale con l’aggiunta di un commento, stavolta  a cura di padre Raniero Cantalamessa (https://it.zenit.org/articles/che-bello-sarebbe-vivere-eucaristicamente-le-gioie-della-vita-propone-il-predicatore-del-papa/)

Prima Lettura   Pr 9, 1-6 
Mangiate il mio pane, bevete il vino che vi ho preparato. 

Dal libro dei Proverbi
La sapienza si è costruita la sua casa, 
ha intagliato le sue sette colonne. 
Ha ucciso il suo bestiame, ha preparato il suo vino 
e ha imbandito la sua tavola. 
Ha mandato le sue ancelle a proclamare 
sui punti più alti della città: 
«Chi è inesperto venga qui!».
A chi è privo di senno ella dice: 
«Venite, mangiate il mio pane, 
bevete il vino che io ho preparato. 
Abbandonate l’inesperienza e vivrete, 
andate diritti per la via dell’intelligenza».  

Salmo Responsoriale
    Dal Salmo 33/34

Gustate e vedete com’è buono il Signore.
 

Benedirò il Signore in ogni tempo,

sulla mia bocca sempre la sua lode.

Io mi glorio nel Signore:

i poveri ascoltino e si rallegrino. 
 

Temete il Signore, suoi santi:

nulla manca a coloro che lo temono.

I leoni sono miseri e affamati,

ma a chi cerca il Signore non manca alcun bene. 
 

Venite, figli, ascoltatemi:

vi insegnerò il timore del Signore.

Chi è l’uomo che desidera la vita

e ama i giorni in cui vedere il bene? 
 

Custodisci la lingua dal male,

le labbra da parole di menzogna.

Sta’ lontano dal male e fa’ il bene,

cerca e persegui la pace.

Seconda Lettura   Ef 5, 15-20
Sappiate comprendere qual è la volontà del Signore. 

Dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesini

Fratelli, fate molta attenzione al vostro modo di vivere, comportandovi non da stolti ma da saggi, facendo buon uso del tempo, perché i giorni sono cattivi. Non siate perciò sconsiderati, ma sappiate comprendere qual è la volontà del Signore.

E non ubriacatevi di vino, che fa perdere il controllo di sé; siate invece ricolmi dello Spirito, intrattenendovi fra voi con salmi, inni, canti ispirati, cantando e inneggiando al Signore con il vostro cuore, rendendo continuamente grazie per ogni cosa a Dio Padre, nel nome del Signore nostro Gesù Cristo.


Canto al Vangelo
   Gv 6,56 
Alleluia, alleluia.
Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue,
dice il Signore, rimane in me e io in lui.
Alleluia.


 Vangelo   Gv 6, 51-58
La mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. 

Dal vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù disse alla folla: «Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».

Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda.

Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me.

Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno». 

“In verità, in verità vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui”.

Il brano evangelico continua la lettura del capitolo VI di Giovanni. L’elemento nuovo è che al discorso sul pane Gesù aggiunge quello sul vino, all’immagine del cibo quella della bevanda, al dono della sua carne quello del suo sangue. Il simbolismo eucaristico raggiunge il suo culmine e la sua completezza.

Abbiamo detto, la settimana scorsa, che per capire l’Eucaristia è essenziale partire dai segni scelti da Gesù. Il pane è segno di nutrimento, di comunione tra coloro che lo mangiano insieme; attraverso di esso giunge sull’altare e viene santificato tutto il lavoro umano. Ci poniamo la stessa domanda per il sangue. Cosa significa e cosa evoca per noi la parola sangue? Evoca in primo luogo tutta la sofferenza che c’è nel mondo. Se dunque nel segno del pane giunge sull’altare il lavoro dell’uomo, nel segno del vino vi giunge anche tutto il dolore umano; vi giunge per essere santificato e ricevere un senso e una speranza di riscatto grazie al sangue dell’Agnello immacolato, cui è unito come le gocce d’acqua mescolate al vino nel calice.

Ma perché, per significare il suo sangue, Gesù ha scelto proprio il vino? Solo per l’affinità del colore? Cosa rappresenta il vino per gli uomini? Rappresenta la gioia, la festa; non rappresenta tanto l’utile (come il pane) quanto il dilettevole. Non è fatto solo per bere, ma anche per brindare. Gesù moltiplica i pani per la necessità della gente, ma a Cana moltiplica il vino per la gioia dei commensali. La Scrittura dice che “il vino allieta il cuore dell’uomo e il pane sostiene il suo vigore” (Sal 104, 15).

Se Gesù avesse scelto, per l’Eucaristia, pane e acqua, avrebbe indicato solo la santificazione della sofferenza (“pane e acqua” sono infatti sinonimo di digiuno, di austerità e di penitenza). Scegliendo pane e vino, ha voluto indicare anche la santificazione della gioia. Come sarebbe bello se imparassimo a vivere anche le gioie della vita, eucaristicamente, cioè con rendimento di grazie a Dio. La presenza e lo sguardo di Dio non offuscano le nostre gioie oneste, al contrario le amplificano.

Ma il vino, oltre che gioia, evoca anche un problema grave. Nella seconda lettura ascoltiamo questo ammonimento dell’Apostolo: “Non ubriacatevi di vino, il quale porta alla sfrenatezza, ma siate ricolmi dello Spirito”. Suggerisce di combattere l’ebbrezza da vino con “la sobria ebbrezza dello Spirito”, un’ebbrezza con un’altra.

Oggi ci sono tante iniziative di recupero per le persone con problemi di alcolismo. Esse cercano di utilizzare tutti i mezzi suggeriti dalla scienza o dalla psicologia. Non si può che incoraggiarle e sostenerle. Chi crede non dovrebbe però trascurare anche i mezzi spirituali, che sono la preghiera, i sacramenti e la parola di Dio. Nell’opera I racconti di un pellegrino russo si legge questa storia vera. Un soldato schiavo dell’alcool e minacciato di licenziamento va da un santo monaco a chiedergli cosa deve fare per vincere il suo vizio. Questi gli ordina di leggere ogni sera, prima di coricarsi, un capitolo del vangelo. Lui si procura un vangelo e comincia a farlo con diligenza. Dopo un po’ però torna desolato dal monaco a dirgli: “Padre, io sono troppo ignorante e non capisco niente di quello che leggo! Datemi qualcos’altro da fare”. Lui risponde: “Continua solamente a leggere. Tu non capisci, ma i demoni capiscono e tremano”. Lui fece così e fu liberato dal suo vizio. Perché non provare?

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