XXIX domenica del tempo ordinario, letture e commento

Le letture della Messa ed il commento, a cura di Padre Raniero Cantalamessa, delle letture della XXIX domenica del tempo ordinario (https://www.qumran2.net/parolenuove/commenti.php?mostra_id=13850)

Prima Lettura  Is 45,1.4-6
Ho preso Ciro per la destra per abbattere davanti a lui le nazioni.

Dal libro del profeta Isaìa
Dice il Signore del suo eletto, di Ciro:
«Io l’ho preso per la destra,
per abbattere davanti a lui le nazioni,
per sciogliere le cinture ai fianchi dei re,
per aprire davanti a lui i battenti delle porte
e nessun portone rimarrà chiuso.
Per amore di Giacobbe, mio servo,
e d’Israele, mio eletto,
io ti ho chiamato per nome,
ti ho dato un titolo, sebbene tu non mi conosca.
Io sono il Signore e non c’è alcun altro,
fuori di me non c’è dio;
ti renderò pronto all’azione, anche se tu non mi conosci,
perché sappiano dall’oriente e dall’occidente
che non c’è nulla fuori di me.
Io sono il Signore, non ce n’è altri».

Salmo Responsoriale
  Dal Salmo 95
Grande è il Signore e degno di ogni lode.

Cantate al Signore un canto nuovo,
cantate al Signore, uomini di tutta la terra.
In mezzo alle genti narrate la sua gloria,
a tutti i popoli dite le sue meraviglie.

Grande è il Signore e degno di ogni lode,
terribile sopra tutti gli dèi.
Tutti gli dèi dei popoli sono un nulla,
il Signore invece ha fatto i cieli.

Date al Signore, o famiglie dei popoli,
date al Signore gloria e potenza,
date al Signore la gloria del suo nome.
Portate offerte ed entrate nei suoi atri.

Prostratevi al Signore nel suo atrio santo.
Tremi davanti a lui tutta la terra.
Dite tra le genti: «Il Signore regna!». 
Egli giudica i popoli con rettitudine.

Seconda Lettura
  1 Ts 1,1-5b
Mèmori della vostra fede, della carità e della speranza. 

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicési
Paolo e Silvano e Timòteo alla Chiesa dei Tessalonicési che è in Dio Padre e nel Signore Gesù Cristo: a voi, grazia e pace.
Rendiamo sempre grazie a Dio per tutti voi, ricordandovi nelle nostre preghiere e tenendo continuamente presenti l’operosità della vostra fede, la fatica della vostra carità e la fermezza della vostra speranza nel Signore nostro Gesù Cristo, davanti a Dio e Padre nostro. 
Sappiamo bene, fratelli amati da Dio, che siete stati scelti da lui. Il nostro Vangelo, infatti, non si diffuse fra voi soltanto per mezzo della parola, ma anche con la potenza dello Spirito Santo e con profonda convinzione.

Canto al Vangelo 
  Fil 2,15d-16a
Alleluia, alleluia.

Risplendete come astri nel mondo, 
tenendo alta la parola di vita.
Alleluia.

   


Vangelo  Mt 22,15-21
Rendete a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio.

Dal vangelo secondo Matteo
In quel tempo, i farisei se ne andarono e tennero consiglio per vedere come cogliere in fallo Gesù nei suoi discorsi. 
Mandarono dunque da lui i propri discepoli, con gli erodiani, a dirgli: «Maestro, sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio secondo verità. Tu non hai soggezione di alcuno, perché non guardi in faccia a nessuno. Dunque, di’ a noi il tuo parere: è lecito, o no, pagare il tributo a Cesare?». 
Ma Gesù, conoscendo la loro malizia, rispose: «Ipocriti, perché volete mettermi alla prova? Mostratemi la moneta del tributo». Ed essi gli presentarono un denaro. Egli domandò loro: «Questa immagine e l’iscrizione, di chi sono?». Gli risposero: «Di Cesare». 
Allora disse loro: «Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio».

Il Vangelo di questa domenica termina con una di quelle frasi lapidarie di Gesù che hanno lasciato un segno profondo nella storia e nel linguaggio umano: “Date a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio”. Non più: o Cesare o Dio, ma: e l’uno e l’altro, ognuno nel suo piano. È l’inizio della separazione tra religione e politica, fino ad allora inscindibili presso tutti i popoli e i regimi. Gli ebrei erano abituati a concepire il futuro regno di Dio instaurato dal Messia come una teocrazia, cioè come un governo diretto di Dio su tutta la terra tramite il suo popolo. Ora invece la parola di Cristo rivela un regno di Dio che è in questo mondo, ma non è di questo mondo, che cammina su una lunghezza d’onda diversa e che può perciò coesistere con qualsiasi altro regime, sia esso di tipo sacrale che “laico”.

Si rivelano così due tipi qualitativamente diversi di sovranità di Dio sul mondo: la sovranità spirituale che costituisce il regno di Dio e che egli esercita direttamente in Cristo, e la sovranità temporale o politica che Dio esercita indirettamente, affidandola alla libera scelta delle persone e al gioco delle cause seconde.

Cesare e Dio non sono però messi sullo stesso piano, perché anche Cesare dipende da Dio e deve rendere conto a lui. “Date a Cesare quello che è di Cesare” significa dunque: “Date a Cesare quello che Dio stesso vuole che sia dato a Cesare”. È Dio il sovrano ultimo di tutti, Cesare compreso. Noi non siamo divisi tra due appartenenze; non siamo costretti a servire “due padroni”. Il cristiano è libero di obbedire allo stato, ma anche di resistere allo stato quando questo si mette contro Dio e la sua legge. In questo caso non vale invocare il principio dell’ordine ricevuto dai superiori, come sono soliti fare in tribunale i responsabili di crimini di guerra. Prima che agli uomini, occorre infatti obbedire a Dio e alla propria coscienza. Non si può dare a Cesare l’anima che è di Dio.

Il primo a tirare le conclusioni pratiche di questo insegnamento di Cristo, è stato san Paolo. Egli scrive: “Ciascuno stia sottomesso alle autorità costituite; poiché non c’è autorità se non da Dio… Quindi chi si oppone all’autorità, si oppone all’ordine stabilito da Dio…Per questo dunque dovete pagare i tributi, perché quelli che sono dediti a questo compito sono funzionari di Dio” (Rom 13, 1 ss.). Pagare lealmente le tasse per un cristiano (ma anche per ogni persona onesta) è un dovere di giustizia e quindi un obbligo di coscienza. Garantendo l’ordine, il commercio e tutta una serie di altri servizi, lo stato dà al cittadino qualcosa per il quale ha diritto a una contropartita, proprio per poter continuare a rendere questi stessi servizi.

L’evasione fiscale, quando raggiunge certe proporzioni – ci ricorda il Catechismo della Chiesa Cattolica -, è un peccato mortale, al pari di ogni altro furto grave. È un furto fatto non allo “stato”, cioè a nessuno, ma alla comunità, cioè a tutti. Questo suppone naturalmente che anche lo stato sia giusto ed equo nell’imporre le sue tasse.

La collaborazione dei cristiani alla costruzione di una società giusta e pacifica non si esaurisce nel pagare le tasse; deve estendersi anche alla promozione dei valori comuni, quali la famiglia, la difesa della vita, la solidarietà con i più poveri, la pace. C’è anche un altro ambito in cui i cristiani dovrebbero dare un contributo più incisivo alla politica. Non riguarda tanto i contenuti quanto i metodi, lo stile. Occorre svelenire il clima di perpetuo litigio, riportare nei rapporti tra i partiti un maggiore rispetto, compostezza e dignità. Rispetto del prossimo, mitezza, capacità di autocritica: sono tratti che un discepolo di Cristo deve portare in tutte le cose, anche in politica. È indegno di un cristiano abbandonarsi a insulti, sarcasmo, scendere a risse con gli avversari. Se, come diceva Gesù, chi dice al fratello “stupido!”, è già reo della Geenna, che ne sarà di molti uomini politici?

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