SS. Trinità, letture e commento

Pubblichiamo le lettura della Solennità della SS. Trinità (domenica 11) seguite dal commento di Padre Raniero Cantalamessa (http://www.qumran2.net/parolenuove/commenti.php?mostra_id=12736)

Prima Lettura  Es 34, 4b-6. 8-9
Il Signore, il Signore, Dio misericordioso e pietoso.
 
Dal libro dell’Èsodo
In quei giorni, Mosè si alzò di buon mattino e salì sul monte Sinai, come il Signore gli aveva comandato, con le due tavole di pietra in mano.
Allora il Signore scese nella nube, si fermò là presso di lui e proclamò il nome del Signore. Il Signore passò davanti a lui, proclamando: «Il Signore, il Signore, Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di amore e di fedeltà».
Mosè si curvò in fretta fino a terra e si prostrò. Disse: «Se ho trovato grazia ai tuoi occhi, Signore, che il Signore cammini in mezzo a noi. Sì, è un popolo di dura cervìce, ma tu perdona la nostra colpa e il nostro peccato: fa’ di noi la tua eredità».

Salmo Responsoriale  Dn 3,52.56
A te la lode e la gloria nei secoli.

Benedetto sei tu, Signore, Dio dei padri nostri.

Benedetto il tuo nome glorioso e santo.

Benedetto sei tu nel tuo tempio santo, glorioso.

Benedetto sei tu sul trono del tuo regno.

Benedetto sei tu che penetri con lo sguardo gli abissi
e siedi sui cherubini.

Benedetto sei tu nel firmamento del cielo.

Seconda Lettura  2 Cor 13, 11-13
La grazia di Gesù Cristo, l’amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo. 
 
Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi
Fratelli, siate gioiosi, tendete alla perfezione, fatevi coraggio a vicenda, abbiate gli stessi sentimenti, vivete in pace e il Dio dell’amore e della pace sarà con voi.
Salutatevi a vicenda con il bacio santo. Tutti i santi vi salutano.
La grazia del Signore Gesù Cristo, l’amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi.

Canto al Vangelo  Cf Ap 1,8
Alleluia, alleluia.

Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo,
a Dio, che è, che era e che viene.
Alleluia.

   

   
Vangelo
  Gv 3, 16-18
Dio ha mandato il Figlio suo perché il mondo sia salvato per mezzo di lui.
 
Dal vangelo secondo Giovanni
«Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio, unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna.
Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui.
Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio».

Perché i cristiani credono nella Trinità? Non è già abbastanza difficile credere che c’è Dio, per aggiungerci anche il rebus che egli è “uno e trino”? Ci sono oggigiorno alcuni a cui non dispiacerebbe lasciar da parte la Trinità, anche per poter così dialogare meglio con Ebrei e Musulmani che professano la fede in un Dio rigidamente unico.

La risposta è che i cristiani credono che Dio è trino, perché credono che Dio è amore! Se Dio è amore deve amare qualcuno. Non c’è un amore a vuoto, non diretto ad alcuno. Ci domandiamo: chi ama Dio per essere definito amore? Una prima risposta potrebbe essere: ama gli uomini! Ma gli uomini esistono da alcuni milioni di anni, non più. Prima di allora chi amava Dio? Non può infatti aver cominciato ad essere amore a un certo punto del tempo, perché Dio non può cambiare. Seconda risposta: prima di allora amava il cosmo, l’universo. Ma l’universo esiste da alcuni miliardi di anni. Prima di allora, chi amava Dio per potersi definire amore? Non possiamo dire: amava se stesso, perché amare se stessi non è amore, ma egoismo o, come dicono gli psicologi, narcisismo.

Ed ecco la risposta della rivelazione cristiana. Dio è amore in se stesso, prima del tempo, perché da sempre ha in se stesso un Figlio, il Verbo, che ama di un amore infinito, che è lo Spirito Santo. In ogni amore ci sono sempre tre realtà o soggetti: uno che ama, uno che è amato e l’amore che li unisce. Là dove Dio è concepito come potenza assoluta, non c’è bisogno di più persone, perché la potenza può essere esercitata benissimo da uno solo; non così se Dio è concepito come amore assoluto.

La teologia si è servita del termine natura, o sostanza per indicare in Dio l’unità e del termine persona per indicare la distinzione. Per questo diciamo che il nostro Dio è un Dio unico in tre persone. La dottrina cristiana della Trinità non è un regresso, un compromesso tra monoteismo e politeismo. È al contrario un passo avanti che solo Dio stesso poteva far compiere alla mente umana.

La contemplazione della Trinità può avere un impatto prezioso sulla nostra vita umana. Essa è un mistero di relazione. Le persone divine sono definite dalla teologia “relazioni sussistenti”. Questo significa che le divine persone non hanno delle relazioni, ma sono delle relazioni. Noi esseri umani abbiamo delle relazioni – di figlio a padre, di moglie a marito ecc. -, ma non ci esauriamo in quelle relazioni; esistiamo anche fuori e senza di esse. Non così il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo.

La felicità e l’infelicità sulla terra dipendono in larga misura, lo sappiamo, dalla qualità delle nostre relazioni. La Trinità ci svela il segreto per avere delle relazioni belle. Ciò che rende bella, libera e gratificante una relazione è l’amore nelle sue diverse espressioni. Qui si vede come è importante che Dio sia visto primariamente come amore e non come potere: l’amore dona, il potere domina. Quello che avvelena una relazione è il volere dominare l’altro, possederlo, strumentalizzarlo, anziché accoglierlo e donarsi.

Devo aggiungere una osservazione importante. Il Dio cristiano è uno e trino! Questa è dunque la festa anche dell’unità di Dio, non solo della sua trinità. Anche noi cristiani crediamo “in un solo Dio”, solo che l’unità in cui crediamo non è una unità di numero, ma di natura. Somiglia più all’unità della famiglia che a quella dell’individuo, più all’unità della cellula che a quella dell’atomo.

La prima lettura della festa ci presenta il Dio biblico come “misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di grazia”. Questo è il tratto che più accomuna il Dio della Bibbia, il Dio dell’Islam e il Dio (o meglio la religione) buddista e che più si presta, perciò, a un dialogo e a una collaborazione tra le grandi religioni. Ogni sura del Corano inizia con l’invocazione: “Nel nome di Dio, il Misericordioso, il Compassionevole”. Nel buddismo, che non conosce l’idea di un Dio personale e creatore, il fondamento è antropologico e cosmico: l’uomo deve essere misericordioso per la solidarietà e la responsabilità che lo legano a tutti i viventi. Le guerre sante del passato e il terrorismo religioso di oggi sono un tradimento, non una apologia, della propria fede. Come si può uccidere in nome di un Dio che si continua a proclamare “il Misericordioso e il Compassionavole”? È il compito più urgente del dialogo interreligioso che insieme, i credenti di tutte le religioni, devono perseguire per la pace e il bene dell’umanità.

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